mercoledì 18 gennaio 2012

Il Gioco d'Azzardo Patologico

Da qualche anno mi occupo di gioco d’azzardo patologico e ho modo di parlare con molte persone direttamente coinvolte in questo tipo di problema. Spesso queste persone mi riferiscono di aver già fatto, prima di decidere di rivolgersi a dei professionisti, dei tentativi di smettere di giocare da soli che sono però risultati fallimentari e hanno portato a ricadute ancora più gravi. Questo si spiega per il fatto che la dipendenza dal gioco non è un comportamento consapevole ma una dipendenza patologica, pertanto non è sufficiente la volontà personale per smettere, ma occorre rivolgersi a strutture e servizi specificamente preparati per affrontare questa patologia.

Cercherò di descrivere sinteticamente i segnali per riconoscere quando il gioco è un problema e di offrire qualche primo utile suggerimento per affrontare questo disagio.



Il gioco d’azzardo patologico


Il gioco è una attività universale che interessa non solo tutti gli esseri umani, ma anche molte specie animali.  

Il gioco d’azzardo si differenzia dagli altri giochi perché è fondato prevalentemente sulla fortuna più che sull’abilità. Il termine azzardo significa “attività rischiosa”: nel gioco d’azzardo l’elemento casuale è fondamentale mentre l’abilità conta poco o nulla, e da ciò origina il rischio.

Il gioco d’azzardo è stimolante ed eccita sul lato psicofisico il giocatore: mettere a rischio una certa somma con la possibilità di ottenerne di più, ma anche di restare senza nulla, provoca un brivido che per alcune persone può essere molto gratificante.



Il gioco d’azzardo è considerato patologico quando si tratta di un comportamento persistente, ricorrente ed inadeguato  caratterizzato da eccessivo coinvolgimento in termini di tempo, denaro e spazio mentale occupato dal gioco.



Il gioco eccessivo è stato per lungo tempo considerato un comportamento vizioso di persone dal

carattere debole. Questo punto di vista è attualmente inaccettabile: oggigiorno ci sono chiare

indicazioni che il gioco patologico è una vera e propria dipendenza.

Infatti le moderne indagini di investigazione delle funzioni del cervello attraverso la radiologia per

immagini (PET, Risonanza magnetica) e la determinazione dei livelli di agenti chimici coinvolti nelle

funzioni cerebrali ci stanno mostrando che il sistema nervoso del soggetto con dipendenza da

gioco mostra le stesse dinamiche che si rilevano nel cervello delle persone con dipendenza da

sostanze. In particolare esiste un particolare coinvolgimento dei sistemi neurologici che

presiedono a importanti funzioni quali: la gratificazione, la fissazione di ricordi di modelli

comportamentali, il controllo degli impulsi, la reazione agli stress. Si è accertato quindi che i

meccanismi cerebrali che sono alla base dello sviluppo e mantenimento della dipendenza sono gli

stessi sia nel caso di un coinvolgimento con alcool o droghe, sia che ci si trovi di fronte a un

comportamento di gioco eccessivo.



I sintomi che possono essere considerati come campanelli d’allarme dell’esistenza del problema sono i seguenti:

- si è eccessivamente assorbiti dal gioco d’azzardo

- si ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stesso stato di       eccitazione

- i tentativi di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo sono vani

- si è irrequieti o irritabili quando si cerca di smettere di giocare

- si gioca per sfuggire ai problemi o alleviare un umore disforico (ansia, depressione ecc.)

- si rincorrono le perdite: dopo  aver perso si torna a giocare per recuperare le perdite

- si mente a familiari e amici circa il proprio giocare

- si commettono azioni illegali per trovare i soldi per giocare

- si mettono a repentaglio il lavoro, la carriera scolastica o le relazioni significative per via del gioco



Custer, un esperto americano della materia, nel 1984 distinse tre fasi nella storia del giocatore

incontrollato.



a) Fase della “vincita”

Inizialmente, durante le prime fasi di sperimentazione del gioco, il giocatore ha la netta

impressione di vincere, di essere abile nel gioco e in un periodo fortunato: ciò lo incoraggia ad

aumentare sia la frequenza delle giocate che il denaro scommesso. L’impressione di vincere è per

lo più causata da una percezione selettiva: si tiene conto soprattutto degli esiti positivi e non di

quelli negativi. A volte all’inizio accade realmente che il giocatore vinca una somma significativa e

che nasca in lui la convinzione che sia facile ricavare denaro dal gioco. Sia che la vincita iniziale

esista realmente, sia che venga solamente presunta, di fatto il giocatore aumenta il gioco e spende

più denaro. Comincia quindi ad alternare vincite e perdite, ma è difficile in quel momento tener

conto delle perdite reali dal momento che spesso l’umore è euforico e la persona è iperottimista e

sopravvaluta le proprie capacità. In alcuni casi il giocatore, soprattutto le donne e i più anziani,

possono scoprire che il gioco oltre a dar piacere è anche in grado di distogliere l’attenzione da

problemi, assilli, dispiaceri o addirittura veri e propri sintomi d’ansia o depressione esistenti in

quel periodo.



b) Fase della perdita e dell’inseguimento delle perdite

Prima o poi il giocatore si rende conto che sta perdendo denaro. Avendo vissuto il periodo

precedente come caratterizzato dalla abilità e fortuna, questa volta interpreta le perdite come un

fallimento personale e come un voltafaccia della sorte. Qualche volta arriva a sospettare che i

giochi siano stati truccati al fine di fargli perdere i suoi soldi. Le perdite sono ormai diventate

significative e il coinvolgimento eccessivo nel gioco viene nascosto ai familiari che altrimenti lo

criticherebbero e gli rinfaccerebbero il denaro perduto. Il giocatore si convince che deve rientrare

di tutte le perdite per poi dare un taglio netto al gioco: tende allora a tornare a giocare per rifarsi,

scommettendo cifre sempre più elevate, ma sul piano pratico il buco economico si allarga sempre

di più perché nel gioco d’azzardo resta il fatto che più si gioca, più si spende. Il soggetto diventa

ansioso, insonne, inappetente, irritabile, evita i contatti con i familiari e gli amici, si chiude nel

silenzio, trova scuse sempre meno credibili per giustificare il proprio comportamento. Può

sviluppare vere e proprie patologie da stress, come la gastrite, l’ulcera, l’ipertensione, l’infarto di

cuore. Può iniziare a indebitarsi con amici, parenti, banche, società finanziarie, in qualche caso

anche con gli strozzini. La vita ormai è profondamente incentrata sul gioco e sul procurarsi denaro,

e questo diventa anche l’unico pensiero del giocatore.



c) Fase della disperazione

Con il tempo diventa evidente che i debiti non sono più pagabili e nuovi prestiti vengono rifiutati: il

giocatore è angosciato e disperato per la situazione economica, ma continua ad illudersi di potersi

rifare con una vincita grossa. La disperata ricerca del colpo grosso è l’unica cosa che gli da la tenue

speranza di risolvere i suoi problemi, e qualcuno arriva al punto di compiere reati pur di procurasi

denaro per giocare: falsificazione di firme sugli assegni, appropriazione di denaro della ditta dove

lavora, furti, truffe, talvolta vere e proprie rapine in negozi o banche. Compaiono pensieri di

suicidio e qualche volta il tentativo di farla finita viene compiuto realmente, talora purtroppo

riuscendovi. Nonostante la consapevolezza che non è più possibile recuperare le perdite, il

soggetto continua a giocare.



Qualche volta il giocatore “tocca il fondo” e si convince a smettere di giocare.



Cosa fare allora?



Come si è detto non è sufficiente la volontà personale per smettere di giocare e spesso i tentativi di smettere da soli saranno improduttivi e scoraggianti.



Ammettere di avere un problema e di avere bisogno dell’aiuto di qualcuno per risolverlo è già  metà dell’opera.



Il processo di risoluzione del problema passa attraverso tre fasi distinte:

Fase del “Non posso”

È necessario inizialmente attivare o rinforzare i sistemi di controllo al fine di promuovere un

distacco completo dal comportamento di gioco e di raggiungere una condizione di astinenza. Il

meccanismo del controllo fa sì che il giocatore non possa giocare (nel senso che non ne ha il

permesso e la possibilità). In termini terapeutici si indica questa fase come “riduzione degli

stimoli” verso il gioco. Nel tempo ciò porta alla riduzione progressiva del desiderio di giocare, al

miglioramento dell’umore e delle relazioni, all’incremento della fiducia del giocatore in se stesso.



Fase del “Non devo”

Il giocatore che da un certo periodo è completamente astinente dal gioco può maturare grazie alla

propria esperienza la convinzione che non giocando si sta meglio. L’esperienza diretta lo porta a

considerare del tutto naturale ciò che in precedenza non era nemmeno immaginabile: vivere senza

l’azzardo. In questa fase il ricorso al controllo può essere sostituito un po’ alla volta dalla

consapevolezza personale. È rinforzato il controllore morale interno, e il giocatore si attiva per

affrontare i propri impegni, riparare ai torti fatti, pagare i propri debiti.



Fase del “Non voglio”

Il percorso di recupero può dirsi completo quando il divieto morale a non tornare a giocare si

affianca ad un recupero dei valori personali, al significato di cosa è veramente importante per la

propria vita, al ritrovare il proprio ruolo nella famiglia e nella società, alla valorizzazione di aspetti

quali l’altruismo e la disponibilità verso gli altri. In altri termini c’è un progressivo recupero dei

valori spirituali propri della persona umana, consapevole di vivere in una comunità di pari dalla

quale può ricevere tanto quanto può dare.

In questo caso non ci si riferisce alla visione religiosa della spiritualità (ciò è pertinente alle scelte

personali che ognuno fa in cuor suo), ma ad una del tutto laica che ha a che fare essenzialmente

con l’idea che l’uomo è un animale sociale e che compie il proprio percorso esistenziale in una

dimensione che non può essere solamente materiale e personale, ma anche ideale e sociale.

Parallelamente al recupero spirituale e valoriale, l’ex giocatore prende sempre più le distanze

dall’idea di ottenere il successo facile, l’arricchimento senza sforzi, il miglioramento di sé basato

essenzialmente sul denaro.

Alla fine diventa evidente che l’azzardo ha sempre meno a che fare con il gioco. Quest’ultimo è

gioioso, simbolico, costruttivo e strutturante; al contrario l’azzardo crea disagio e sofferenza,

tende ad alterare e semplificare la vita mentale della persona, è distruttivo per l’individuo e i suoi

affetti.



Un giocatore che accetta di intraprendere un percorso di cambiamento deve sapere che:

a. È possibile uscire dal problema del gioco, ma soluzioni facili non esistono

b. Il denaro perduto resta perduto

c. Mantenere la segretezza tende a far perdurare il problema

d. Il cambiamento richiede sempre una certa quota di fatica

e. Generalmente è necessario un aiuto esterno, soprattutto da parte dei familiari

f. È necessario un tempo variabile da caso a caso

g. Quando si è instaurata una dipendenza non è più possibile tornare a giocare in modo moderato



Un primo passo importante per smettere di giocare è farsi aiutare da una persona vicina e fidata (di solito un familiare) nella gestione del proprio denaro e nell’organizzazione di una buona amministrazione economica: poiché non si è in grado di esercitare un controllo interno è indispensabile avere una limitazione esterna (consegnare il bancomat, non maneggiare più grandi quantità di contanti ecc.).

Alcune persone trovano che questa indicazione sia inutile, fastidiosa, irritante, a volte intollerabile.

Ciò nonostante va considerato che la limitazione della disponibilità di denaro aiuta a mettere in

sicurezza i propri beni, bloccare le perdite e limitare l’effetto di stimolo verso il gioco che spesso è

provocato proprio dall’avere soldi in tasca. L’accessibilità al denaro infatti stimola il desiderio di

giocare e a volte non avere liquidi in tasca può essere d’aiuto a controllare la voglia di giocare.



Un secondo suggerimento è quello di cercare di cambiare le proprie abitudini di vita che ruotano attorno agli ambienti di gioco coltivando i propri interessi trascurati : spesso chi gioca frequenta amici che giocano o ha l’abitudine di andare ogni mattina nello stesso bar dove la vista dei giochi diventa un’attrazione irresistibile.



E’ importante poi intraprendere un percorso di cura affidandosi a chi ha una specifica esperienza del problema. L’efficacia dei trattamenti è stata dimostrata scientificamente. Esiste una vasta gamma di possibilità per essere aiutati: i servizi territoriali, le strutture residenziali, i giocatori anonimi, gli specialisti ecc. Non esiste un programma adatto per tutti: se una modalità di cura non ha funzionato con un particolare individuo, un’altra potrebbe sortire un effetto positivo.



Il sevizio Giocaresponsabile fornisce, a chi soffre di problemi e disagi legati al gioco, in forma gratuita e anonima,  consulenza psicologica e legale e  informazioni relative ai percorsi di cura. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.giocaresponsabile.it o contattare i professionisti mediante chat o telefono al numero verde 800.921.121 dal lunedì al sabato dalle 9,00 alle 22,00.








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